Una volta, in Malawi, un signore tanto alto e tanto saggio mi ha detto: “devi sapere che qui in Malawi diciamo “Madzi ali moyo”, l’acqua è vita”. Quel signore si chiama Eugenio e non poteva avere più ragione. Padre Eugenio è una delle persone più straordinarie che abbia mai incontrato e grazie a lui ho vissuto l’esperienza più incredibile della mia vita.
Io e Micol, non avremmo mai creduto di vivere un viaggio simile quando abbiamo contattato nel lontano dicembre 2012 Massimo e in seguito Luca. Nè pensato di partecipare nel nostro piccolo a un progetto e essere testimoni di una cultura e un paese così meraviglioso.
Sapevamo poco dell’Africa, della vera Africa e ciò che abbiamo visto ci ha fatto cambiare prospettiva su molte cose, è stato un viaggio formativo da ogni punto di vista.
La prima impressione quando siamo arrivate (e ci siamo trovate impantanate nel fango per circa tre ore) è stata che i malawiani sono consapevoli. Non cercano di cambiare una situazione, ma la accettano, perchè sanno che la natura è più forte dell’uomo stesso. Dunque accettano, anche con rassegnazione le difficoltà che la loro terra offre loro, e appena essa è generosa con loro, essi sono generosi con lei e ringraziano e pregano e cantano e danzano.
Qualche giorno dopo il nostro arrivo ci hanno portato a Ntaja, il distretto commerciale più vicino. Per le strade abbiamo visto moltissimi uomini in bicicletta,bambini dai vestiti impolverati giocare con ruote di bicicletta, capre, donne avvolte da gonne dai colori vivaci con bambini legati sulla schiena e secchi, pentole, fasci di rami in testa che attingevano acqua dai pozzi . I malawiani camminano molto, moltissimo. I malawiani salutano, ridono e sorridono a tutti. Appena vedono delle persone occidentali gli adulti restano come ipnotizzati dalla curiosità e i bambini urlano entusiasti e gridano “azungu, azungu!” che significa appunto uomo bianco.
Il paesaggio è sconfinato e impolverato, la terra è rossa e l’odore di terra ed erba bruciata pervade l’aria. Il cielo diurno è azzuro, come non ci può essere una definizione migliore del colore azzurro, il sole caldo, le nuvole basse, al momento del tramonto il sole di trasforma in una palla infuocata e il paesaggio circostante si tinge di rosa, il tempo si ferma fino al momento in cui la palla di fuoco scivola al di là dell’orizzonte. Il vero spettacolo però è il cielo notturno. La notte malawiana è luminosa, è luminosa perchè sullo sfondo di un cielo completamente nero ci sono centinaia di piccoli soli, sembrano piccole lampadine appese a uno sfondo nero ed è talmente perfetto che sembra finto. Le stelle in Malawi sono qualcosa di trascendentale, e non esagero, si resta con il naso all’insù perdendo la nozione del tempo a contemplare quello spettacolo extraterrestre. Si vede la via Lattea e padre Eugenio ci ha mostrato molte costellazioni che si vedono nitidamente.
Durante il nostro viaggio ci siamo recati anche nella vicina riserva nazionale di Liwonde e ammirato i grandi animali che si trovano al suo interno: coccodrilli, ippopotami, aquile, antilopi, facoceri ma soprattutto elefanti. Il Malawi è la terra degli elefanti, questi nobili, pericolosi, eterni, maestosi animali.
La missione di Namandanje è composta da vari reparti. C’è il centro nutrizionale, il centro per il trattamento dell’AIDS, dove le persone vanno per farsi controllare e curare, il reparto maternità, dove nascono circa 30 bambini al giorno, (tutti i giorni!) e un’altra struttura dove alloggiano i parenti, per lo più le madri delle partorienti che le hanno faticosamente accompagnate camminando da villaggi distanti anche 50 km. La sera si possono sentire i canti rituali e propiziatori al parto che le “nonne” cantano insieme alle future mamme; si tratta di insegnamenti tramandati oralmente riguardanti il parto e i bambini. La chiesa di padre Eugenio si trova in fondo alla strada che attraversa tutta la missione e dietro ad essa si trova un campo di calcio dove giocano sempre decine di bambini e ragazzini.
La domenica la chiesa è piena e la celebrazione della messa non è convenzionale; accanto al rito cattolico si affianca la tradizione africana composta di danze rituali e canti festosi. Questo connubio di culture dà luogo a un evento spirituale, gioioso e allegro.
Il progetto a cui io e Micol abbiamo partecipato consiste nella realizzazione di sei serbatoi d’acqua. Tali serbatoi si riempiranno durante la stagione piovosa, e serviranno da sostenimento durante la stagione arida per contribuire alle coltivazioni. Essi si trovano vicino a due piccoli corsi d’acqua, il Namandanje e il Namisangu, che sono tanto rigogliosi nella stagione umida quanto aridi e prosciugati nella stagione secca. Durante tale stagione infatti essi scorrono solo sotto la superficie. Compito dei serbatoi è anche di attingere da tali corsi che diventano sotterranei per questo periodo dell’anno.
Quattro di essi inoltre, avendo dimensioni e apporti d’acqua differenti, sono collegati tra loro affinchè possano compensare il fabbisogno idrico richiesto. Tale fabbisogno sarà utilizzato per scopi agricoli di diverse specie vegetali, alcune delle quali utilizzate anche per produrre biodiesel. Grazie a tale progetto si portà contribuire materialmente e attivamente alle difficoltà che gli abitanti di tale zona devono affrontare in questo periodo dell’anno in termini di bisogni primari.
“Madzi ali moyo” , l’acqua è vita, padre Eugenio ha proprio ragione, e vorremmo ringraziare lui, Luca e Massimo che ci hanno dato l’opportunità di partecipare a questa incredibile avventura e progetto e nel nostro piccolo, idealmente “aderire a un piccolo cambiamento, in meglio”.
Zikomo kwambiri!
Alice e Micol